Il centro del mondo è ovunque

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E’ una brutta abitudine quella della vecchia Europa di guardarsi l’ombelico e credere di essere al centro del mondo. Non è più vero da molto tempo, soprattutto è del tutto sbagliato oggi, in questo villaggio globale che è il mondo, dove l’Europa rappresenta una regione piccola piccola, economicamente in declino, politicamente quasi irrilevante e demograficamente sempre più vecchia.

Per rendersi conto di quanto abbiamo perso il senso delle proporzioni basta guardare i giornali di questi giorni, e quelli italiani in particolare. Fa l’effetto di un cannocchiale rovesciato: in grandi dimensioni le vicende della politica italiana, l’affanno del governo con il suo discusso “decreto sviluppo” e i timori per l’euro, tema che almeno fa da ponte oltre i confini nazionali. Dove incontriamo la Grecia, per risalire di lì all’ostinazione rigorista della Germania, agli interrogativi sulla ripartizione dei seggi all’Assemblea francese fino a intravedere sullo sfondo Istituzioni europee con il fiatone, la Banca Centrale Europea (BCE), armata di liquidità fino ai denti per arrestare il possibile contagio greco, la Commissione europea oscillante tra rassicurazioni e minacce se la Grecia dovesse smottare dall’eurozona, i Governi nazionali nervosi in vista del Consiglio europeo del 28 giugno, descritto come “linea Maginot” per l’UE, dimenticando quanto poco quella linea fu capace di fermare l’avanzata tedesca.

Mentre così si agita l’Europa, non lontano da noi sta di nuovo andando a fuoco l’Egitto, diviso tra islamici e laico-militari, in Siria continuano i massacri del regime di Assad, al punto che anche gli osservatori dell’ONU hanno abbandonato il campo, per continuare con le situazioni irrisolte dell’Afghanistan e dell’Iran e le violenze in Nigeria e via seguitando.

Per cercare di affrontare almeno alcune di queste urgenze, si vedranno in settimana i principali leaders dell’eurozona a Roma il 22 giugno, di ritorno dal G20 in Messico, incalzati ormai ogni giorno da Obama, in vista del Consiglio europeo del 28.

Intanto, è in corso di svolgimento un evento che meriterebbe il maggior ingrandimento del nostro cannocchiale: quel Vertice ONU “Rio + 20”, con all’ordine del giorno niente di meno che il futuro della terra, vent’anni dopo quell’altro Vertice di Rio, che aveva suscitato tante speranze per un nuovo sviluppo sostenibile a salvaguardia di un pianeta, il nostro, minacciato da mille pericoli.

Volendo risalire l’ordine degli eventi, non c’è da aspettarsi notizie particolarmente esaltanti dal vertice di Rio: siamo lontani dall’applicazione del Protocollo di Kyoto del 1997 per rispondere ai cambiamenti climatici e saranno da valutare eventuali accordi e la loro efficacia in materia di sviluppo sostenibile, con un monitoraggio mirato di elementi-chiave come l’acqua, il cibo e l’energia.

Qualcosa di più concreto ci si può aspettare dalle conclusioni del G20 in Messico, anche perché in quell’occasione i Paesi più sviluppati, e in particolare le nuove potenze emergenti come Cina, India e Brasile, condivideranno con gli USA la preoccupazione sul futuro dell’Europa, dal quale dipende non poco il loro stesso futuro. E’ vero in particolare per Obama, impegnato in una difficile campagna elettorale, ma vale anche per la Cina e l’India che vedono rallentare le loro esportazioni sul continente europeo, tutti insieme poi in ansia per il sistema monetario e bancario internazionale.

Un clima mondiale che dovrebbe – si spera – scuotere la paralisi dei leaders europei, a cominciare dai quattro che si incontreranno a Roma per trovare un’intesa di massima sul binomio rigore-crescita e per cercare insieme una via verso “più Europa” con tanta Germania, ma non solo. Le schermaglie della vigilia offrono l’immagine di un’Unione disunita e, sullo sfondo, il pericolo che questa disunione possa indebolire se non condannare l’euro e mettere a rischio una straordinaria avventura di pace e di solidarietà che dura da vent’anni.

Nel villaggio globale del mondo si tratta di un rischio che l’Europa non può permettersi di correre, pena scomparire dalla scena mondiale e ritornare a un passato di tensioni e di conflitti che per due volte, nell’ultimo secolo, hanno condotto il nostro continente alla distruzione.

1 COMMENTO

  1. Direi che i risultati delle elezioni greche, e il sì irlandese al’fiscal compact’,hanno dimostrato che i popoli europei vogliono rimanere in Europa e sono disposti ad accettare anche pesanti sacrifici per questo: speriamo che i politici europei (in primis tedeschi) si decidano finalmente a mettere qualche mattone per costruire una vera casa comune europea, gli “Stati Uniti d’Europa” (o almeno dell’euro)!

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