COP 25 a Madrid: un richiamo dell’ONU a deporre le armi contro la Terra

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È l’ultimo, accorato richiamo di Antonio Guterres, Segretario Generale delle Nazioni Unite, in occasione dell’apertura, il 2 dicembre scorso, della COP 25 a Madrid. Un appuntamento amaro, dove, persino l’ONU, sulla base del suo ultimo rapporto sul clima pubblicato alcuni giorni fa, non esita a tirare l’ennesimo e drammatico campanello d’allarme e a constatare gli insignificanti risultati degli ultimi dieci anni. 

Si tratta infatti di denunciare una mancanza di volontà politica che si trascina da ben 25 Conferenze, da quando i responsabili mondiali hanno fatto le loro prime promesse di lotta contro i cambiamenti climatici. 25 anni dopo e un Accordo firmato a Parigi nel 2015, che delinea con chiarezza gli orientamenti comuni per mantenere sotto il livello dei 2 gradi centigradi il surriscaldamento globale, i risultati sono a dir poco allarmanti, tanto da dire che viviamo già nel bel mezzo di un’emergenza climatica. E si vede.

Eppure la COP 25, dovrebbe tradurre in azioni concrete gli impegni presi a Parigi. Ma il rapporto dell’ONU, presentato proprio in occasione della COP, è senza ambiguità : gli impegni presi dai 196 Paesi firmatari sono già largamente insufficienti, visto che, anche se rispettati e attuati, porterebbero il Pianeta ad un surriscaldamento superiore ai 3°C entro la fine del secolo. Non solo, ma nel 2018 è stato battuto il record storico di produzione di CO2, vale a dire 55,3 miliardi di tonnellate e un aumento del 3,2% rispetto al 2017. La sfida è facile da calcolare : se si vuole seriamente contrastare i cambiamenti climatici e rispettare l’Accordo di Parigi, gli Stati devono, a partire da subito, triplicare gli impegni presi all’orizzonte 2030. Purtroppo, non ci sono, per il momento, segnali che indichino una tale inversione di tendenza. 

Questa situazione mette in particolare evidenza due aspetti emblematici delle sfide in corso e del pericolo che sta correndo il Pianeta e non solo da un punto di vista dell’ambiente. In primo luogo appare sempre più evidente la presa di coscienza e la richiesta della società civile, in particolare in questi ultimi tempi da parte dei giovani, per una responsabilità politica globale che sappia coraggiosamente guidare una inevitabile transizione verso un’economia verde rispettosa dell’ambiente e dei diritti dell’uomo, equa e sostenibile e libera dalle emissioni di CO2. Una richiesta che, malgrado l’emergenza e gli scenari che si susseguono ormai quotidianamente sotto i nostri occhi, rimane inascoltata e che si scontra con una tenace cecità politica nei confronti del futuro del Pianeta e dell’umanità. Una situazione che pone al centro il quesito della governance mondiale e, soprattutto, della democrazia, valore assoluto da preservare in un momento cruciale di grandi cambiamenti economici, sociali ed umani. 

In secondo luogo, il multilateralismo necessario agli interventi per il clima è indebolito da una situazione geopolitica incerta. La politica dell’”America first” di Trump e il ritiro degli Stati Uniti dall’Accordo di Parigi, l’atteggiamento scettico e provocatorio del Presidente brasiliano Bolsonaro, l’ambigua politica climatica della Cina e della Russia, il peso commerciale ed economico dei fossili, sono alcuni degli aspetti più problematici per una governance mondiale condivisa e responsabile. In questo contesto spicca solitaria la politica coraggiosa della nuova Commissione europea, malgrado le divergenze interne all’Unione e la difficoltà per alcuni Stati membri di abbandonare persino l’uso del carbone.

La COP 25 rappresenta quindi un punto di verifica e di coraggio politico. Dovrà preparare anche il grande appuntamento del 2020, la COP 26 di Glasgow che verificherà l’attuazione dell’Accordo di Parigi e l’impegno ad ulteriori passi avanti. Con la speranza che il coraggio politico, questa volta, sostituisca la continua guerra in corso nei confronti del nostro Pianeta.

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