Conte alla corte di Trump

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Anche il Presidente del Consiglio italiano Giuseppe Conte, dopo Macron e Merkel, aveva messo in agenda, fra le priorità, una visita negli Stati Uniti al Presidente Trump. Immediata e calorosa la messa in scena abituale dell’amicizia, della condivisione delle vedute politiche e degli impegni per il futuro e, da parte di Conte, la soddisfazione per la visibilità e la legittimazione del nuovo Governo italiano da parte del Presidente degli Stati Uniti.

Ma, a differenza del Presidente francese Macron e della Cancelliera tedesca Merkel, indubbiamente rappresentanti dell’asse portante di una seppur fragile Unione Europea, il Presidente del Consiglio italiano ha rappresentato, agli occhi di Trump, un gradito punto d’appoggio per la sua “strategia” politica di dividere i Paesi europei e di rendere l’Europa sempre più fragile.

In proposito, appare alquanto significativo l’accordo raggiunto tra Stati Uniti e Italia sulla costituzione di una “cabina di regia permanente per il Mediterraneo” per garantire, in comune, la lotta al terrorismo, il contenimento dell’immigrazione e la sicurezza. Non solo, ma le richieste di Conte a Trump si sono spinte fino a chiedere di riconoscere l’Italia come “interlocutore privilegiato” degli Stati Uniti per la stabilizzazione della Libia e come punto di riferimento per lo sviluppo di politiche europee al riguardo. Un chiaro messaggio alla Francia che, dopo aver contribuito insieme agli Stati Uniti nel 2011, a precipitare la Libia nel caos odierno, cerca, attraverso una complessa politica del Presidente Macron di riportare il Paese verso la stabilità e il dialogo fra le molteplici parti in conflitto.

In che modo tuttavia verrà data concretezza a questa cabina di regia non è dato sapere. Saranno i rispettivi ministri degli Esteri e della Difesa a dare risposte e contenuti in merito. Sta di fatto che la decisione di schierare l’Italia accanto a Washington (cosa non del tutto storicamente sorprendente) per la stabilità nel Mediterraneo e, in particolare in Libia, piuttosto che optare per una condivisione di impegni politici e diplomatici in Europa, interroga fortemente sulla credibilità della politica estera italiana e sulla sua solitudine, in particolare, nei confronti di una necessaria costruzione di una politica estera comune europea. Questo interrogativo, oltre tutto, non si limita alla politica estera, ma anche alla politica di difesa europea e ai futuri rapporti di complementarietà che l’Unione europea dovrà instaurare con la  NATO. Viste l’inaffidabilità e la difficoltà di interpretazione della politica estera di Trump, in particolare in Medio Oriente, appare quindi ragionevole esprimere i più seri dubbi e inquietudini sul percorso intrapreso dall’Italia in merito.

Le discussioni fra Trump e Conte non si sono tuttavia limitate all’immigrazione e al terrorismo, due temi tenuti pericolosamente insieme da Conte, ma hanno toccato altri temi di portata politica ed economica. In primo luogo le sanzioni nei confronti della Russia sono state ribadite, sembra con convinzione, dal Presidente Trump, anche se Conte avrebbe preferito una loro soppressione. Una divergenza di vedute subito rientrata ma che la dice lunga su chi detta le regole, anche se la posta in gioco non é da poco. Altro tema è stato il TAP (gasdotto trans adriatico), opera definita giustamente da Conte “strategica” ma che solleva, sul luogo in cui approderà, le inquietudini delle comunità  pugliesi. Al riguardo Trump non ha mostrato dubbi : il gasdotto va fatto e in tempi brevi.

Conte è tornato in Italia soddisfatto, sottolineando l’amicizia e le intese di vedute con Trump, il quale, malgrado le minacce sui dazi e le guerre commerciali in corso, ha promesso, oltre al sostegno alle “fantastiche” politiche migratorie anche considerevoli investimenti in Italia. E intanto in Italia si muore già di razzismo.

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