USA: rottura del dialogo sul nucleare

858

Era nell’aria fin dai tempi della campagna elettorale e il Presidente Trump ha tenuto fede alla sua inquetante promessa: l’accordo sul nucleare, concluso nel luglio 2015 tra Iran, Francia, Regno Unito, USA, Russia, Cina più la Germania, non verrà certificato dagli Stati Uniti. Una decisione unilaterale su un accordo ratificato dal Consiglio di Sicurezza dell’ONU e che lancia una sfida non indifferente all’insieme della comunità internazionale.

Con questa decisione Donald Trump intende dire, in particolare, quattro cose: che l’Iran non rispetta i termini dell’accordo concluso nel 2015, che non riconosce i rapporti dell’AIEA, l’Agenzia internazionale per l’Energia Atomica, la quale, al contrario, ne conferma invece il rispetto dopo ben “otto verifiche”, che l’accordo non riflette più gli interessi americani e che l’Iran rappresenta un grave pericolo sulla scena mediorientale e nel terrorismo internazionale.

Sebbene la decisione di decertificazione non cancelli l’accordo e malgrado il fatto che il seguito di un tale atto sia ora nelle mani del Congresso, il Presidente Trump ha tuttavia informato che la sua Amministrazione sta identificando nuove sanzioni contro l’Iran, in particolare contro le potentissime Guardie della Rivoluzione, i Pasdaran, la forza di sicurezza più potente del Paese.

Le conseguenze di questa decisione, grave, del Presidente americano, si stanno già facendo sentire. Politicamente, a livello regionale, la decisione conferma la scelta di campo degli Stati Uniti sullo scacchiere mediorientale. In un contesto in cui si incrociano ingenti interessi economici, in cui si consumano conflitti che non hanno soluzioni politiche in vista a breve scadenza, come in Siria o nello Yemen e in cui la lotta al sedicente Stato islamico è tuttora in corso, gli Stati Uniti si sono radicalmente schierati a fianco del mondo sunnita e, in particolare, accanto all’Arabia Saudita. Su questi scenari regionali si affrontano le potenze sunnite e sciite, queste ultime appunto rappresentate da un protagonismo iraniano sempre più evidente e concreto e quindi, da un punto di vista anche statunitense, da ostacolare.

A livello di grandi potenze, anch’esse coinvolte in Medio Oriente, la decisione di Trump ha sollevato reazioni unanimi : l’accordo con l’Iran, sebbene imperfetto, deve contnuare a vivere e a garantire la sospensione di un programma nucleare a scopi militari. Lo hanno fatto sapere Russia, Cina e Unione Europea insieme mandando, da una parte, un chiaro messaggio di sostegno all’Iran stesso e, dall’altra, mettendo in guardia gli Stati Uniti su un loro possibile e inedito isolamento a livello mondiale.

Per quanto riguarda l’Unione Europea, la decisone di Trump ha favorito una rara unanimità fra gli Stati membri, i quali hanno deciso di affidare all’Alto Rappresentante Federica Mogherini il compito di discutere e cercare di convincere il Congresso americano a non rinunciare all’accordo con l’Iran, un accordo carico di una grande importanza strategica per evitare una possibile proliferazione nucleare nella regione.

Ed infine, a livello nazionale iraniano, la decisione di Trump non aiuta certo il Presidente moderato e riformatore Rohani, già in difficoltà nella sua politica di apertura e di avvicinamento all’”Occidente” e sempre più contrastato dai conservatori. In politica estera, l’accordo sul nucleare rappresenta il suo vero e unico cavallo di battaglia; solo attraverso il suo rispetto Rohani avrebbe avuto in mano anche gli strumenti necessari per negoziare la sospensione di altre pesanti sanzioni economiche legate al programma di missili balistici e per rispondere alle attese economiche e sociali della popolazione.

Ma le conseguenze della decisione di Trump non si limitano al Medio Oriente. All’orizzonte si affaccia anche la minacciosa tensione con la Corea del Nord e lo sviluppo del suo programma nucleare. La volontà di annullare un accordo così faticosamente costruito con l’Iran, non incoraggia certo i coreani a credere in una futura mediazione diplomatica stabile e rispettata dagli Stati Uniti sul lungo periodo. Saranno piuttosto a parlare, come ormai ci ha abituato Trump, inquetanti tamburi di guerra e soprattutto, le incertezze sempre più assordanti sulla tenuta della pace nel mondo.

 

LASCIA UN COMMENTO

Please enter your comment!
Please enter your name here