Turchia sempre più sulla via della dittatura

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Sempre più inquietanti gli scenari politici che, giorno dopo giorno, si delineano nella Turchia del Presidente Erdogan. Ultimo episodio di rilevante importanza è l’uscita di scena del Primo Ministro turco, Ahmet Davutoglu, il 5 maggio scorso. Un’uscita di scena che sa molto di un’energica spinta, da parte del Presidente Erdogan, per cacciare un Capo del Governo giudicato forse poco arrendevole o troppo indipendente.

Davutoglu, oltre a Capo del Governo, ricopriva anche la carica di Presidente del Partito della Giustizia e dello Sviluppo, (AKP), il Partito del presidente Erdogan, di orientamento islamista e conservatore. Il suo atteggiamento più moderato, più dialogante si è definitivamente scontrato con la linea sempre più autoritaria del Presidente Erdogan, sia in politica interna che in politica estera.

Il quadro politico che fa da sfondo a questo scontro di potere in un Paese di ben 80 milioni di abitanti è oggi molto complesso e fa soprattutto riferimento all’ambigua partecipazione della Turchia alla guerra in Siria, alle crescenti tensioni della Turchia, Paese membro della NATO, con la Russia; alla nuova e sanguinosa guerra civile con la minoranza curda del PKK (Partito dei Lavoratori del Kurdistan), alle continue azioni dell’AKP e del Presidente Erdogan per screditare e annientare il Partito democratico popolare pro curdo (HDP), partito d’opposizione ed infine alla sempre più evidente deriva democratica del Paese con i continui attacchi ai diritti e alla libertà di stampa.

In questo contesto che indica tutte le possibili instabilità e turbolenze alle quali sembra andare incontro la Turchia, Paese di strategica importanza all’incrocio fra Oriente e Occidente, il chiodo fisso e irremovibile di Erdogan rimane la modifica della Costituzione. L’obiettivo è quello di trasformare la Turchia da Repubblica parlamentare a Repubblica presidenziale, in modo tale da garantire una maggiore concentrazione di potere nelle mani del Presidente. E questo sarà il compito che dovrà svolgere il prossimo Primo Ministro, qualunque esso sia, anche se il Partito APK, non possedendo più la maggioranza necessaria per attuare una simile riforma, dovrà cercare nuovi e certamente esigenti alleati.

Ed è sempre in questo contesto chiaramente avviato verso un’ arrogante dittatura che l’Unione Europea ha concluso con la Turchia uno degli accordi più politicamente sensibile e carico di significative sfide per il suo futuro, e cioè quello relativo all’accoglienza e alla gestione dei flussi di rifugiati e richiedenti asilo che fuggono dalle guerre del Medio Oriente. Un accordo di cui già si è scritto molto, soprattutto sotto il profilo della pericolosa consegna, nelle mani di un dittatore, del rispetto dei diritti fondamentali e dei diritti alla protezione internazionale di migliaia di persone in pericolo di vita.

L’Unione Europea, oltre a negoziare un cospicuo accordo finanziario in favore della Turchia, ha promesso anche l’esenzione dai visti nello spazio Schengen per i cittadini turchi, a condizione che la Turchia rispetti alcune condizioni, fra le quali la modifica della legge sul terrorismo. Una condizione che Ankara non ha alcuna intenzione di rispettare, visto che una tale modifica presuppone un rispetto della libertà d’espressione.

Nel frattempo giornalisti turchi di opposizione vanno in prigione, l’accordo sui migranti rivela tutta la sua assurdità e fragilità e il problema dell’accoglienza in Europa rimane interamente senza una vera risposta politica.

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