Se ritornano i confini dentro l’Europa

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Mentre l’attualità continua a proporci immagini di inarrestabili flussi migratori che premono sui confini esterni dell’Unione Europea, dalla Grecia all’Italia e adesso anche in Spagna, i negoziati in corso per Brexit richiamano la nostra attenzione sul ritorno dei confini all’interno dell’Europa, e non solo di quello marittimo tra la Gran Bretagna e l’UE, ma anche di quello terrestre, il solo, tra il Regno Unito e la Repubblica d’Irlanda.

All’indomani dell’azzardato referendum sulla secessione britannica dall’UE, uno dei problemi che si profilarono con maggiore evidenza era quello delle tensioni tra la Scozia e il Regno Unito, con la prima da tempo alla ricerca della sua indipendenza, confortata in questo dalla maggioranza degli scozzesi favorevoli a restare nell’UE.

Minore attenzione si prestò ai problemi che avrebbero potuto nascere alla frontiera delle due Irlande, in particolare dopo che le elezioni di marzo 2017 modificarono significativamente il quadro politico nell’Irlanda del Nord con una instabilità politica a tutt’oggi irrisolta, portando praticamente in parità i due maggiori partiti, quello di ispirazione protestante e quello cattolico. Due partiti che con l’accordo del dicembre 1998 avevano convenuto di governare insieme, dopo lunghi anni di tensioni, segnate da sanguinose violenze ad opera di gruppi armati, esplose a partire dal 1969.

Adesso molti indizi fanno temere che quell’accordo del 1998 possa diventare fragile e aprire futuri scenari inquietanti, fino a fare temere per una pace costruita con mille difficoltà. Un nodo decisivo in proposito è proprio quello della frontiera tra le due Irlande: grazie alle rispettive adesioni all’UE, i due Paesi godono oggi tra di loro di una totale libera circolazione di persone, merci, capitali e servizi. Potrebbe non essere più così alla conclusione dei negoziati Gran Bretagna-UE, prevista – ma niente è meno sicuro – nella primavera del 2019.

Al tavolo negoziale di Bruxelles la Gran Bretagna ha proposto un accordo doganale con un “confine supersnello” o una specifica forma di partenariato da negoziare con l’UE: proposte ancora vaghe e che l’UE non accetterà facilmente.

A sua volta per l’UE sono possibili due scenari per risolvere il problema: il primo, quello di una procedura democratica, prevista dall’Accordo del 1998, che conduca all’unificazione delle due Irlande, separatesi nel 1921, con i cattolici maggioritari nella Repubblica d’Irlanda e i protestanti nell’Irlanda del nord, legata alla Gran Bretagna. Un secondo scenario potrebbe ispirarsi alla transizione attivata per l’allora Repubblica democratica tedesca all’indomani della caduta del Muro di Berlino, con una forma di annessione all’UE, senza che fosse necessaria la normale procedura di adesione.

Si tratta di due scenari che l’UE non esclude per principio, ma da negoziare con molta cautela per almeno due motivi: da una parte perché dovrebbero comunque essere il frutto di un consenso maggioritario tra i cittadini dell’Irlanda del nord (cosa molto improbabile, secondo gli ultimi sondaggi) e, dall’altra, perché potrebbe indurre pericolose tentazioni in altre regioni dell’UE, che di tutto ha bisogno meno che di ulteriori frammentazioni.

E così, mentre resta forte la pressione alle frontiere esterne dell’UE e crescono muri e nuove barriere al suo interno, il ritorno ad alto rischio di un confine tra le due Irlande conferma quanto le sovranità nazionali, alimentate dall’immaginario dei confini possano provocare problemi reali e mettere a rischio la pace anche su questo nostro continente.

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