Macron – Trump: attenti a quei due

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Molti gli spunti di riflessione offerti in questo inizio estate sulle nuove relazioni internazionali. Al G20 di Amburgo a inizio luglio hanno dominato la scena i giri di valzer dei Grandi, dove hanno occupato la scena soprattutto Trump e Putin al loro primo incontro.

Nemmeno una settimana dopo Trump è tornato in questa Europa che, oltre a non conoscere, non ama: l’ha fatto su invito del Presidente francese Macron, in occasione del centenario dell’entrata degli USA nella Prima guerra mondiale nel 1917 e in coincidenza con la festa nazionale francese del 14 luglio. L’incontro è stato l’occasione per i tradizionali convenevoli e le inevitabili passerelle di Presidenti e consorti per mandare il messaggio di un’amicizia antica e perenne tra i due Paesi sulle sponde opposte dell’Atlantico e, si sarebbe potuto pensare, su sponde lontane in materia di politica internazionale.

Un’occasione ghiotta per il Presidente americano, uscito isolato dal G20 e bisognoso di migliorare un’immagine, in casa e all’estero, non proprio idilliaca; un’occasione da non perdere per il giovane e ambizioso Presidente francese alla ricerca di un forte ruolo internazionale, sull’onda della sua recente elezione e assicurato di un’inedita e larga maggioranza in Parlamento.

Ma al di là dell’immagine così importante, quando non prevalente, in questi tempi di politica mediatica e di leader carismatici, vale la pena annotare alcuni segnali che potrebbero avere rilevanti sviluppi futuri. Primo tra questi, il tentativo di Macron di proporsi come ponte tra l’Europa e gli USA in una fase storica nella quale l’Atlantico sembra allargarsi e mentre contemporaneamente si allontanano tra loro le due sponde della Manica.

L’uscita della Gran Bretagna dall’UE lascia spazio alla Francia, l’altro dei due soli Paesi europei dotati dell’arma nucleare e di un seggio nel Consiglio di sicurezza dell’ONU, per tentare di interpretare il ruolo di mediatore tra due culture e due politiche che hanno sempre meno in comune, come ha ancora recentemente ricordato Angela Merkel, meno disponibile di Macron a chiudere un occhio sulla nuova politica americana. Ed è qui che la mossa di Macron si fa interessante e anche acrobatica: da una parte vi è l’opportunità di non rompere la tradizionale alleanza occidentale, dall’altra la difficoltà a tenere insieme una “amicizia particolare” con Trump con il fidanzamento in corso tra Macron e Merkel, nel tentativo tutto in salita di ricostruire il mitico e logorato matrimonio franco-tedesco, adesso esposto al rischio di una competizione tra i due leader europei.

A Macron non si può non riconoscere l’audacia di questo inatteso posizionamento, salvo chiedersi quanto sarà possibile far convivere le due scelte: magari facendo leva sull’una per rafforzare l’altra, in un gioco a tre dove però il Paese più debole, economicamente e politicamente, è proprio la Francia.

Qualcuno si interroga anche sulle distanze tra i profili politici dei due Presidenti, lontani per età e cultura personale, ma forse singolarmente vicini nell’interpretare il loro ruolo in senso “autoritario”, tendenzialmente “bonapartista” Macron, fortemente “padronale” il secondo, volentieri carismatici entrambi.

Se l’incontro tra Macron e Trump abbia prodotto qualche risultato è presto per dirlo: troppo leggera la battuta di Trump su “vedrò che cosa fare sul clima”, pronunciata proprio nella città che ha tenuto a battesimo l’Accordo contro il surriscaldamento climatico, firmato da Obama e subito stracciato da Trump. Scontata l’intesa sulla lotta al terrorismo e nemmeno troppo sorprendente la vicinanza sul libero scambio nei commerci, a condizioni che le nazioni possano proteggersi. E in questa concezione della “nazione”, che viene prima, i due Presidenti vanno a braccetto. Un po’ meno altri Paesi europei i cui governanti, non sorprende, a Parigi non erano stati invitati. Forse solo giri di valzer estivi, ma sarà bene che l’UE presti attenzione a questi balletti e a questa nuova musica di fondo.

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