L’UE da May a Macron in attesa di Merkel

1084

In questo mondo che muove a velocità accelerata, sembra che anche la vecchia Europa si vada disincagliando dai fondali bassi dell’inerzia, dove l’avevano spinta ondate nazional-populiste per l’effetto congiunto di una crisi economica su cui si è avvitata una crisi politica.

Paradossalmente, per prima a rimettere in linea di galleggiamento la barca dell’UE è stata la Gran Bretagna un anno fa con l’azzardo di Brexit, ulteriormente rafforzato dalla nuova presidenza USA a inizio anno.

Due eventi negativi che si sono addizionati ai buoni risultati elettorali per l’UE giunti prima dall’Austria a dicembre, a marzo dall’Olanda e a maggio e giugno dalla Francia, in attesa di quelli previsti dalle elezioni tedesche di settembre che torneranno probabilmente a incoronare Merkel IV.

Quest’ultimo anno, vissuto pericolosamente dal mondo con il peggioramento della situazione in Medioriente, i venti di protezionismi aggravati dall’irruzione di Trump, gli scarsi risultati del G7 di Taormina, la ripresa della corsa al riarmo in molti Paesi e il ritorno a scenari di guerra fredda, con crescenti tensioni tra USA e Russia, i perduranti importanti flussi migratori e il ripetersi di attentati terroristici in Europa e altrove, ha registrato qualche primo segno di risveglio dell’UE, anche se non ancora di forti iniziative concrete.

Alcuni segnali in questo senso sono giunti negli scorsi giorni, in particolare con due appuntamenti: l’avvio il 19 giugno del negoziato per il recesso della Gran Bretagna dall’UE e le decisioni del Consiglio europeo dei Capi di Stato e di governo nella stessa settimana a Bruxelles.

L’avvio della procedura di divorzio da parte della Gran Bretagna è avvenuto in condizioni inattese, quelle determinate dalla pesante sconfitta dei conservatori inglesi e della Premier Theresa May nelle elezioni anticipate del 6 giugno. Al tavolo negoziale si è presentata una delegazione britannica incerta sul da farsi, con alle spalle una situazione politica precaria e senza una chiara prospettiva per l’eventuale dopo-UE. Ne sono scaturite alcune prime proposte sulle modalità del negoziato, sostanzialmente respinte al mittente dall’UE, mentre sono state giudicate insufficienti le proposte britanniche in materia di libera circolazione. Siamo appena agli inizi, non sono escluse sorprese.

Più chiaro l’esito del Consiglio europeo, anche se parlare di decisioni storiche, come si è fatto sull’orientamento in favore di una difesa comune, è sicuramente eccessivo o almeno prematuro. Positiva, ma non poteva essere diversamente, la decisione di lottare uniti contro il terrorismo, facendo del tema “protezione” dei cittadini una priorità scontata, ma poco assicurata negli Stati membri.

Il Consiglio europeo è anche stata l’occasione per mettere in vetrina una ritrovata intesa tra Germania e Francia, che con un’irruenza po’ eccessiva il giovane Presidente francese ha cercato di trasformare in una precondizione per il futuro delle decisioni comunitarie. Un entusiasmo un po’ da neofita che sottovaluta la distanza, economica e politica, che separa la Francia dalla Germania e dimentica che nel quadro istituzionale in vigore il diritto di iniziativa è un diritto esclusivo della Commissione europea e che l’UE non è più quella dei sei Paesi fondatori, ma quella dei Ventisette di domani. E tutti vorranno pesare nelle decisioni, pur al riparo di un asse – tutto da ricostruire – tra Berlino e Parigi.

In questo quadro l’Italia, con il suo “governo provvisorio”, la fragilità del suo sistema bancario e il suo pesante debito pubblico, non ha molte carte da giocare: a Bruxelles si è dovuta accontentare delle ennesime promesse di solidarietà sul versante della pressione migratoria e sperare in futuri investimenti per lo sviluppo della vicina Africa, origine di importanti flussi di migranti verso le sponde italiane, che sono anche quelle dell’Unione Europea.

LASCIA UN COMMENTO

Please enter your comment!
Please enter your name here