L’Austria al voto: nuove ombre sull’UE

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In Austria non è ancora passato un anno dall’ultimo brivido provocato da una consultazione elettorale nell’Unione Europea e adesso un nuovo risultato elettorale manda a dire che quel brivido era per l’Europa un segnale da non trascurare.

Nel dicembre del 2016 la destra venne battuta di un soffio alle elezioni presidenziali da una coalizione progressista, guidata da Alexander Van der Bellen. Adesso è la volta delle elezioni legislative anticipate che hanno visto affrontarsi tra loro i tre partiti principali: i socialdemocratici e i conservatori, con alle spalle un’estrema destra che li ha incalzati entrambi

In testa i conservatori, guidati da un giovanissimo (31 anni) Sebastian Kurz, uno pseudo-Macron in salsa austriaca, già ministro degli Esteri e nuova star della politica a Vienna, in competizione con Christian Kern, leader dei socialdemocratici in perdita di velocità, come sta accadendo per molti altri partiti fratelli in Europa e Heinz-Christian Strache, leader dell’ultra destra xenofoba e anti-UE, a poche lunghezze dal vincitore.

Fin qui niente di troppo nuovo in un’Unione Europea, dove la stragrande maggioranza dei governi è formata da coalizioni di centro destra e con una forte presenza di significative componenti nazional-populiste ed euroscettiche.. È stato il caso nel corso di quest’anno dove l’Europa ha vinto, o almeno non perso, come in Olanda, Francia e Germania o dove ha perso, forse non del tutto, come in Gran Bretagna.

La novità in Austria sembra essere un’altra, che induce a non prendere il giovane conservatore Kurz per il giovane liberal-progressista Macron: lo ha rivelato una campagna elettorale che in Austria ha portato al centro della competizione la paura dell’Islam e in Francia il rilancio del progetto di integrazione europea. Due culture politiche diverse, una molto ripiegata su se stessa e sull’ossessione identitaria, e l’altra più aperta al futuro e alla ricerca di una problematica sovranità europea. Con questa elezione l’Austria rischia di essere più vicina politicamente alla gia’ limitrofa Ungheria e per l’Unione Europea non sara’ certo una buona notizia, soprattutto se poi al governo dovesse accedere l’estrema destra. Dopo il voto tedesco del mese scorso, si profilano adesso altre ombre sul futuro dell’integrazione europea e ulteriori chiusure verso i flussi migratori, comprese possibili nuove tensioni al Brennero.

Il confronto elettorale sulla presenza islamica in Austria – un non trascurabile 8% sulla popolazione totale – è stato cavalcato dalle due destre e surriscaldato da un forte aumento nel Paese delle domande di asilo, con un volume secondo solo alla Svezia, e dal futuro impatto sulla spesa sociale austriaca, particolarmente generosa. Ma il cuore della novità nella campagna elettorale austriaca sembra essere stato lo scivolamento verso un conflitto religioso che ha condotto ad assimilare religione e culture in una comunità musulmana plurale e in grande maggioranza non praticante.

Di qui la necessità, non solo in Austria, di non fare di tutte le erbe un fascio e di ricordare che l’Europa, anche quella dei presunti “indigeni” europei, è una società plurale e che questa è la sua identità profonda, risultato di secoli di flussi migratori e di aspri conflitti che, alla fine, le hanno consentito di vivere in pace da oltre settant’anni. 

Non è proprio il caso adesso, con le minacciose turbolenze che agitano il mondo, di ridare fiato a una versione aggiornata del saggio di Samuel Hungtinton, di vent’anni fa, “Lo scontro di civiltà e il nuovo ordine mondiale”, soprattutto ora che lo scontro avverrebbe nel quadro di un pericoloso “disordine” mondiale.

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