La banalità del bene: Padre Alejandro Solalinde per la Giornata Mondiale dei Rifugiati

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Prendendo spunto dal celebre libro di Hannah Arendt “La banalità del male”, questa rubrica vuole essere una provocazione al contrario, con l’obiettivo di narrare storie di eroici personaggi più o meno contemporanei che hanno segnato la storia per i loro sacrifici e la loro immolazione a favore di un progresso umano. La rubrica mensile vuole essere un atto di descrizione di come il bene possa esistere, e il titolo vuole essere una provocazione per dimostrare come la ricerca del progresso non sia banale, ma, al contrario, di come possa essere un umano atto eroico.

Alejandro Solalinde

“I migranti sono un segno dei tempi. Sono vittime del neoliberismo selvaggio che ha divorato il proprio Paese d’origine e li ha costretti a lasciarlo. In questo senso, sono testimoni di un mondo in disfacimento, ne portano le ferite sulla loro carne. Al contempo, però, i migranti sono i pionieri del futuro. Anticipano, con la loro ostinata resistenza, la possibilità di una nuova società. Perché? Perché non hanno paura di rischiare. I migranti rischiano il tutto per tutto, in nome della vita, per se stessi e per le loro famiglie. Sono i più indifesi, gli eterni esclusi eppure non si fermano, vanno avanti, camminano, confidando in una forza che, comunque la chiamiamo, solo Dio può infondere. Il loro viaggiare, invincibile e dolente, rammenta a noi, ormai accomodati e aggrappati alle nostre certezze, che siamo tutti pellegrini.”

I narcos mi vogliono morto. Messico, un prete contro i trafficanti di uomini” (Emi, 2017,prefazione di don Luigi Ciotti)

Biografia e storia

Padre Alejandro Solalinde è un prete messicano sulla cui testa i “signori della droga” hanno messo una taglia da 1 milione di dollari. Nonostante questo ogni giorno rischia la sua vita al fine di difendere i migranti che cercano di attraversare la frontiera verso gli Stati Uniti, offrendo un rifugio e un aiuto, incurante delle numerose minacce di morte ricevute dai trafficanti di esseri umani. Grazie a queste sue azioni è stato candidato al Premio Nobel per la pace 2017.

Dieci anni fa Padre Solalinde fonda il centro “Hermanos en el camino” (“Fratelli sulla strada”) a Ixpetec, un ritrovo per i migranti provenienti da tutto il sud America e che attraversano il Messico bordo della “bestia”, il treno merci sul quale salgono viaggiando clandestinamente sul tetto cercando di raggiungere la frontiera. Il Padre ha denunciato la tragedia dei 500 mila migranti senza documenti, inimicandosi così i narcotrafficanti, i politici e le forze dell’ordine corrotte e per questo motivo vive da cinque anni sotto scorta.

Quello che denuncia è la violenza che viene perpetuata su queste persone, le quali vengono rapite, torturate, violentate e uccise se non pagano il riscatto alla criminalità organizzata o se rifiutano di entrare nelle loro fila.

Ad oggi, infatti, si stimano più di 10 mila migranti desaparecidos durante il tragitto verso gli Stati Uniti, ma secondo il Movimento dei migranti mesoamericani sono oltre 70 mila. L’ultimo omicidio in Messico rivolto ad un difensore dei diritti umani risale al recente 12 maggio, quando Miriam Elizabeth Rodrigues, madre di una desparecidos,  fu uccisa davanti alla propria casa. Secondo Padre Solalinde da quando Trump è Presidente degli USA e nonostante le sue politiche anti-immigratorie, il 25% della popolazione migrante riesce a varcare il confine, questo perché non si può contenere la migrazione: la frontiera non è controllata dagli USA né dal governo messicano, ma dal crimine organizzato. Secondo il Padre, infatti, “la corruzione è il ponte dove passano i migranti, pagando”.

Le migrazioni dal sud America verso un nord sono un fenomeno che riguarda le popolazioni che fuggono da violenze urbane e civili, e chi decide di intraprendere questo viaggio impiega più di un mese per raggiungere la frontiera. Un commercio che frutta circa 50 milioni di dollari l’anno grazie al traffico internazionale di esseri umani e di droga, che tristemente si lega a quello italiano che dal porto di Gioia Tauro si radica per tutta l’Europa grazie agli aiuti della mafia italiana. Un fenomeno internazionale, che ci fa sentire queste violazioni dei diritti umani ancora più vicine.

Per questo che Padre Solalinde decide di stravolgere la sua vita: da professore, assistente all’Azione cattolica, parroco ed ex appartenente ad un’associazione parafascista, converte i suoi ideali. Vede i migranti per la prima volta nel 2005 e in seguito apre il centro “Hermanos en el camino”, un luogo dove i migranti possano riposarsi, mangiare e dove trovino rifugio da polizia corrotta e narcos.

Nonostante le numerose minacce, Padre Solalinde racconta ai mass media i fatti di violenza, e ad oggi è seguito da numerose associazioni tra cui Amnesty International che dal 2012 ha lanciato una campagna internazionale a suo sostegno.

Il centro “Hermanos en el camino” accoglie anche volontari, che abbiano il desiderio e la voglia di aiutare i migranti nel loro cammino.

 

A  proposito di Europa…

“Una cosa che manca all’Europa è una migliore conoscenza della storia della colonizzazione europea in Africa: l’Europa ha stabilito frontiere e creato conflitti storici, saccheggiato le ricchezze africane con le quali ha vissuto comodamente per tanti anni. Bisogna distinguere tra i migranti che vengono a lavorare e che ricostruiranno una nuova Europa e i migranti terroristi che vengono per vendicarsi del danno che l’Europa ha causato all’Africa. C’è una sorta di vendetta, di rivincita, dell’Isis nei confronti dell’Europa, ma questo non ha niente a che vedere con i migranti: è una questione politica.”

I narcos mi vogliono morto. Messico, un prete contro i trafficanti di uomini” (Emi, 2017,prefazione di don Luigi Ciotti)

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