Italia, un nuovo problema per l’Europa

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Tempi grami per l’Europa che, stremata da una pesante crisi economica e sociale, vede accumularsi i problemi politici di suoi importanti Paesi membri, consapevole che la serie nera non si è ancora esaurita.

Nel giro di pochi mesi tre dei suoi principali leader hanno gettato la spugna: ha cominciato il Primo ministro britannico David Cameron, vittima a giugno del suo azzardato referendum e di Brexit; qualche giorno fa è stata la volta del Presidente francese, François Hollande che, novità assoluta per la Quinta Repubblica, ha rinunciato a presentarsi per un secondo mandato e adesso anche Matteo Renzi, caduto sotto i colpi di chi si opponeva alla riforma costituzionale voluta dal suo governo e pericolosamente cavalcata dal Presidente del Consiglio come una vicenda personale.

Non consola che in altri Paesi UE la fragilità politica tenga i governi appesi a un filo, come in Spagna e Portogallo, e che in altri gli esecutivi siano stati blindati con metodi autoritari, come in Polonia e Ungheria. Altri due Paesi che resistono dovranno presto affrontare importanti consultazioni elettorali, come in Olanda e in Germania, quest’ultima per ora la sola a stare relativamente bene in sella.

La sola buona notizia di questi mesi è arrivata domenica scorsa con la netta vittoria del candidato progressista, Van der Bellen, alla Presidenza della Repubblica austriaca, che ha provvisoriamente allontanato l’incubo di un ritorno al potere in quell’area di un’inquietante estrema destra.

Con simili chiari di luna non stupisce che in queste ore non ci sia molta allegria dalle parti di Bruxelles, sede della Commissione europea e dell’Eurogruppo dei ministri finanziari, e a Francoforte, sede della Banca centrale europea: entrambi luoghi dai quali si scrutano le prospettive dell’Italia, la sua capacità di rimanere a galla con il macigno del debito che rischia di farla sprofondare, la sua legge di bilancio ancora in alto mare e con i suoi conti fuori misura, le sue banche nel possibile mirino della speculazione e, soprattutto, i suoi cittadini sfiduciati nei confronti delle loro Istituzioni, tanto italiane che europee.

In simile contesto è naturale che le Istituzioni europee si chiedano quale possa essere la prospettiva di governabilità di un Paese, dove le forze politiche che hanno seccamente perso nella consultazione elettorale detengono comunque la maggioranza in Parlamento e le opposizioni, che si intestano la vittoria, non sono assolutamente in grado di formare una coalizione di governo. Tutto questo mentre è in corso a Roma il processo di approvazione della legge di bilancio, per la quale Bruxelles chiede sostanziali modifiche in un futuro non troppo lontano, e in attesa di sapere con quale legge elettorale si andrà alla prossima consultazione politica che qualcuno vorrebbe subito, altri alla scadenza naturale della legislatura.

Forse tra i rari motivi di speranza, a cui guardano i nostri partner di sensibilità europea, uno risiede nella saggezza del nostro Presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, apprezzato per la sua solida cultura di europeista convinto,  e l’altro nella competenza e serietà del nostro ministro delle Finanze, Pier Carlo Padoan, che molti a Bruxelles sperano di avere ancora come interlocutore.

Per l’Italia i prossimi mesi avrebbero dovuto essere quelli di un deciso impegno per il rilancio dell’Unione Europea, cogliendo l’occasione dei sessant’anni del Trattato di Roma il 25 marzo 2017. Un’occasione che rischia di sfumare, insieme con quella di candidarsi, nella ricomposizione in corso dell’UE, a Paese protagonista per la rifondazione di una nuova Unione Europea di cui l’Italia e il mondo avrebbero urgente bisogno.

 

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