International Outlook Migration 2016

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È stato pubblicato il 19 settembre scorso dall’OCSE l’International Outlook Migration 2016.

Il Rapporto contiene dati sulle tendenze generali dei fenomeni migratori e alcuni approfondimenti su temi specifici quali l’incidenza delle migrazioni a livello locale e i movimenti migratori di origine ambientale e geopolitica.

In termini generali l’Ocse rileva un aumento sia dei flussi di migrazione permanete sia delle migrazioni temporanee, nonché delle domande di asilo.

Nel 2015 le persone che hanno intrapreso un percorso migratorio non temporaneo sono state 4,8 milioni, il dato è in netto aumento rispetto al 2014 (+10%) ed è vicino al picco massimo raggiunto nel 2007. Per quanto riguarda Paese di provenienza e Paese di origine OCSE segnala che un migrante su tre si muove all’interno dei Paesi Ocse, uno su dieci viene dalla Cina e uno su venti dall’India.

Le migrazioni temporanee, dovute soprattutto a distacco della manodopera e reclutamento internazionale di lavoratori stagionali, sono agite in area Ue EFTA.

Nel 2015 sono state presentate 1.65 milioni di domande di asilo, per la quasi totalità (1.3 milioni) in Paesi europei. I richiedenti asilo sono per un quarto siriani e per il 16% Afghani. I Paesi in cima alla classifica della ricezione delle domande sono la Germania (440.000 domande e oltre un milione di pre registrazioni) e la Svezia che ha l’incidenza più elevata delle domande in rapporto alla popolazione residente.

OCSE non rileva cambiamenti significativi né nelle politiche migratorie (nonostante i molti provvedimenti adottati dall’Ue per far fronte alla crisi dei rifugiati), né nella condizione occupazione: nell’arco temporale 2011-15 si conferma il dato in base al quale il 60% dei migranti ha un lavoro (64% per le seconde generazioni) e il 9,3% risulta disoccupato (7,3% per le seconde generazioni).

Qualcosa è cambiato, invece, soprattutto nei Paesi maggiormente colpiti dalla crisi dei rifugiati, per quanto riguarda le azioni locali e le risorse destinate a favorire l’integrazione sociale e lavorativa: ad esempio Germania, Austria, Finlandia, Norvegia e Svezia hanno aumentato le spese in educazione e formazione linguistica.

Passando poi agli approfondimenti tematici, gli Autori del Rapporto segnalano che l’impatto locale delle migrazioni è studiato soprattutto a livello nazionale, anche se è a livello sub-nazionale che gli effetti dei flussi si percepiscono con maggiore forza.

«Non si possono fare generalizzazioni – sostiene OCSE – perché l’impatto a livello locale in termini di utilizzo dei servizi e di spese per gli stessi dipende dalle caratteristiche socio-economiche specifiche dei migranti e dalle dinamiche dei flussi».

«Riconoscere che le migrazioni non rappresentano la causa delle difficoltà delle comunità locali – servizi e infrastrutture – è una prima tappa importante per portare un’opinione pubblica negativa a cogliere le sfumature dei dati empirici».

Parlando di cause ambientali e geopolitiche delle migrazioni il Rapporto mette in evidenza il frequente ricorso a strumenti di protezione temporanea e sussidiaria: non c’è prassi di utilizzo di altri strumenti come ad esempio permessi per ricongiungimenti familiari, lavoro, studio, visti umanitari o sponsorizzazioni private.

In tema di migrazioni che hanno alla base motivazioni ambientali o geopolitiche il Rapporto contiene, infine, alcune considerazioni su: cooperazione i allo sviluppo («non necessariamente è una risposta efficace»), necessità di trovare un punto di equilibrio tra misure di medio-lungo termine e risposte emergenziali (quest’ultima sembra la strada più frequentemente praticata) e ridefinizione dei processi di selezione che caratterizzano da sempre i movimenti migratori ma che vanno ripensati in un quadro di protezione internazionale.

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