I paesi che rifiutano i richiedenti asilo esclusi dal fondo di solidarietà?

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Presentata a maggio dello scorso anno, questa ennesima proposta di riforma del sistema di Dublino ha sollevato numerose critiche.  Essa si proporrebbe di stabilire criteri oggettivi per le ricollocazioni e norme certe per la determinazione dello Stato competente all’esame della domanda di asilo politico. La Commissione propone ad esempio che lo Stato che rifiuti di prendere in carico la ricollocazione possa pagare un contributo di 250.000€ per ogni richiedente rifiutato. A questo proposito nella sua relazione la Wilkström sostiene che si debba invece stabilire che in questi casi il paese inottemperante possa venire escluso dal fondo di solidarietà accessibile agli stati membri nel quadro dei fondi strutturali e di investimento. La relatrice sostiene inoltre che la soglia della capacità di accoglienza di un paese, superata la quale scatterebbe il meccanismo delle ricollocazioni, debba essere riveduta e corretta al ribasso, cioè al 100%. L’europarlamentare svedese propone anche l’emendamento della norma che attribuisce l’onere della verifica di ammissibilità della domanda allo Stato di primo approdo, per ragioni di sovraccarico amministrativo che ne deriverebbe. A ciò riguardo va sottolineato un punto che molte critiche ha suscitato: la Commissione propone infatti che i richiedenti che siano transitati in paesi terzi ove avrebbero potuto richiedere protezione debbano essere considerati inammissibili, con ciò però implicando una esternalizzazione dei confini verso paesi non del tutto limpidi nella gestione dei profughi. Infine, la Wilkström propone uno snellimento delle procedure di ricongiungimento famigliare.

Dal Consiglio europeo arrivano però segnali che vanno in senso opposto a quella tendenza verso la solidarietà fra paesi membri auspicata dal Parlamento, richiesta a gran voce da ONG e terzo settore e ventilata dalla Commissione. Resta da vedere quale testo vedrà la luce dopo i negoziati informali fra Consiglio e Parlamento.

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