Accordo con l’Iran: una speranza di pace

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Sono stati prolungati di oltre due settimane i negoziati per raggiungere un accordo sul nucleare iraniano. Definito da gran parte della comunità internazionale come “storico “, l’accordo concluso a Vienna fra Iran e il Gruppo dei Cinque + uno (Stati uniti, Russia, Cina, Francia, Gran Bretagna + Germania) è senz’altro destinato ad aprire un nuovo capitolo nelle relazioni internazionali.
Si concludono così circa dodici anni di intensi e difficili negoziati, iniziati in quel lontano 2003 che ha segnato l’inizio di un periodo particolarmente irrequieto e turbolento non solo nelle relazioni tra il Medioriente e l’Occidente, ma anche nei rapporti fra le potenze regionali.

È in quell’anno infatti che la coalizione guidata dagli Stati Uniti entra in guerra contro l’Iraq; nel 2006 l’ONU, a fronte delle minacce derivanti dal programma nucleare, impone sanzioni economiche all’Iran, portando il Paese a un isolamento diplomatico e a pesanti ripercussioni sia a livello economico che politico.
Nel 2011 intervengono le “primavere arabe” che hanno prodotto significativi cambiamenti nella regione, in particolare in Egitto e in Tunisia, portando sulla scena locale nuovi attori politici e religiosi. Intanto continua da quattro anni a questa parte la guerra in Siria, la quale, cambiando progressivamente attori e obiettivi, ha dato forza, voce e protagonismo al conflitto alimentato dai sunniti del sedicente “stato islamico” e all’esplosione di un diffuso terrorismo che giunge fino in Europa. In questo quadro non va inoltre dimenticato il sempre irrisolto conflitto israelo-palestinese per il quale oggi non si intravede la possibilità di un ritorno a negoziati di pace.
In questo contesto in continua evoluzione l’Iran, principale potenza sciita nella regione, ricco di ingenti risorse energetiche, ha deciso due anni fa di rompere il suo isolamento, che, in definitiva, durava dalla rivoluzione del 1979, e tornare a ricoprire un ruolo significativo, e non solo a livello regionale, attraverso un accordo sul suo programma nucleare e un riconoscimento da parte dei principali attori della comunità internazionale.
Non a caso è stato un negoziato lungo, difficile, politicamente molto delicato visti gli equilibri in gioco nella regione, sia da un punto di vista delle risorse energetiche che delle zone di influenza iraniana: Siria, Iraq, Libano e Yemen. Infatti, se effettivamente il nodo dell’accordo è quello di impedire e sorvegliare attentamente che il programma nucleare iraniano non sfoci in un programma a scopi militari, è anche vero che questo accordo va ben al di là dell’obiettivo di impedire la proliferazione nucleare in Medioriente.
La cosa inquieta naturalmente l’Arabia Saudita, la potenza sunnita sempre attenta al ruolo egemonico che l’Iran potrebbe giocare sullo scacchiere regionale e internazionale. Ma inquieta anche e soprattutto Israele, che non ha esitato a definire l’accordo «una resa dell’Occidente all’asse del male», opponendo una totale sfiducia nel rispetto dell’accordo da parte di Teheran.
Va invece sottolineato, al riguardo, il ruolo incisivo e di mediazione svolto dall’Unione Europea per raggiungere un tale accordo e riprendere qui le parole dell’Alto Rappresentante Federica Mogherini: «Penso che sia un segno di speranza per tutto il mondo».

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