Rapporto annuale politica di vicinato meridionale e orientale

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La Commissione europea ha pubblicato i rapporti annuali sui Paesi coinvolti dalla politica di vicinato meridionale e orientale. Durante la presentazione dei rapporti, inizialmente prevista per lunedì 24 marzo e rinviata a causa degli ultimi sviluppi in Ucraina, il capo della diplomazia Ue, Catherine Ashton, ha ribadito la “priorità assoluta della regione per l’UE che continua a concentrarvi attenzioni e risorse”. Stefan Fule, commissario europeo all’allargamento, ha sottolineato come il nuovo approccio delle relazioni degli europei nei confronti dei Paesi partner sia quello di sostenere la società civile, coinvolgendo sempre di più i cittadini tramite “opportunità di studio e lavoro e promuovendo reti di contatti” tra i diversi livelli della società.

Nel Rapporto annuale della politica di vicinato l’Unione ribadisce il sostegno ai Paesi vicini tramite aiuti tecnici e finanziari, a Sud come a Est: per il periodo 2014-2020 l’assistenza prevista dalla politica di vicinato per i sedici Paesi vicini ammonta ad un totale di 15,4 miliardi euro.

Sebbene l’attenzione sia in questo momento rivolta soprattutto a Est, l’Unione Europea continua a investire denaro ed energie nelle sue relazioni con i Paesi partner del Sud del Mediterraneo. Dalla Tunisia e dal Marocco, che continuano faticosamente nella strada delle riforme, fino al Libano e alla Giordania, colpite dalla pesante emergenza dei profughi della Siria, passando per il vuoto politico e gli scontri in Libia.

Nonostante le minacce alla sicurezza, la transizione democratica in Tunisia è proseguita e ora le priorità maggiori per il Paese sono l’attuazione della nuova Costituzione e l’organizzazione delle elezioni nel 2014, superando però gli “importanti ostacoli” alla libertà di assemblea e di espressione.

In Marocco i progressi sanciti nella riforma costituzionale del 2011 “sono rimasti lenti”, anche se le modifiche alle politiche sulla migrazione e alle norme sulla giustizia militare hanno rappresentato “passi molto positivi”.

In Egitto invece la scena politica è dominata dalla sfiducia e dalla polarizzazione, “si sono deteriorate le libertà di stampa e di assemblea” e sono peggiorate anche le relazioni fra autorità e organizzazioni della società civile.

La situazione in Libia rimane problematica: accanto a programmi di sostegno tecnico e finanziario, regnano “scontri tribali e locali”, con “gravi e sempre peggiori sfide per la sicurezza, che precludono una riconciliazione nazionale e la stabilizzazione politica”. Il rapporto riconosce inoltre la Libia come il “principale Paese di transito nel Mediterraneo di emigranti per motivi economici, rifugiati e richiedenti asilo dall’Africa e dal Medio Oriente, diretti verso l’Europa”.

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